Sento spesso accusare i figli di non amare i genitori! E’ facile giudicare da fuori, quando non si conoscono i fatti. Io dico sempre a tutti: prima di giudicare una persona indossate le sue scarpe e fate lo stesso percorso che ha fatto questa persona. Voglio raccontare, per esempio, la storia di un ragazzino, che i suoi genitori odiavano solo perchè andava bene a scuola e quindi non potevano ritirarlo e mandarlo a lavorare per portare soldi a casa. Ma comunque avevano trovato lo stesso il modo di farlo lavorare. Una storia che racconta un’incredibile rapporto genitori-figli dove alcuni figli sono stati privati addirittura di vivere la propria giovinezza, in maniera violenta, mentre altri, i più giovani, non si son fatti mancare nulla e, alla fine, hanno chiuso in un ospizio quei genitori che gli hanno donato tutto.

Quando l’amore tra figli e genitori non è scontato

Non è vero che i genitori meritano sempre e comunque il rispetto dei figli per il semplice fatto che li hanno messi al mondo. Il rispetto e l’amore si porta a quei genitori che meritano, per l’amore che hanno saputo dare e fare per amore dei figli.

Credere che un figlio si comporti in modo irrispettoso nei confronti dei genitori senza che vi sia un reale motivo è del tutto sbagliato. Può capitare, certo, ma si tratta di casi rarissimi. Nella maggior parte dei casi, come nella situazione che voglio raccontare qui, c’è un problema di fondo, che magari il figlio si porta avanti dall’infanzia, colpa anche della mancanza di dialogo che c’è nella famiglia patriarcale.

La famiglia patriarcale

Nella famiglia patriarcale il padre assolve al ruolo di capo assoluto, disponendo non solo dei beni materiali, ma anche della moglie e dei figli, come se fossero anch’essi delle cose. La storia che vi racconto parla proprio di una sopraffazione genitoriale senza limiti e senza alcuna vergogna, perchè se una cosa del genere fosse successa oggi questo genitore sarebbe andato in carcere.

Parlo del secondogenito di una famiglia con sei figli, la cui infanzia è stata sempre combattuta e sopraffatta da tanta violenza. Per vent’anni questo ragazzino ha dovuto subire maltrattamenti dal padre-padrone e da una madre analfabeta capace solo di contare i soldi che i figli portavano in casa in quanto costretti a lavorare.

Il padrone della famiglia

Il “Patriarca”: un camionista, sempre disponibile per il suo lavoro, dalle primissime ore del mattino fino alla sera, ma sempre assente in famiglia. Quando tornava dal lavoro la sera poi, aveva sempre un conto da regolare con questo ragazzino, perchè sua moglie non gli dava il tempo di superare la soglia di casa che gli raccontava cosa aveva combinato e lui subito, senza se e senza ma, calci e sberle all’impazzata. Tanto doveva essere l’odio che provava per questo figlio.

Era piccolo, sotto i dieci anni, litigare innocentemente con la sorella più grande di un anno o con il fratellino più piccolo di due era normale in tutte le famiglie, ma qualunque cosa lui facesse, per i genitori era sbagliato e quindi andava punito con una violenza inaudita.

Gli era stato vietato di uscire di casa per giocare a pallone coi compagni di scuola o i ragazzini del quartiere, manco avessero la peste, e non appena sua madre, confidente e amorevole spiona, al rientro in casa del padrone, gli diceva che era uscito a giocare, ecco pronta la sua razione giornaliera di calci, pugni e a letto senza mangiare. La forza che metteva in quei calci e in quelle sberle era inaudita, c’era dentro tutto l’odio che provava forse per la sua condizione di vita, o per il suo lavoro pesante e pagato poco, o per l’amore che non aveva ricevuto dai suoi genitori che invece per questo ragazzino erano stati degli amorevoli nonni.

Ma la violenza non era solo verso questo ragazzino. A volte anche la moglie le prendeva. Quante volte questo ragazzino, insieme alla sorella e a suo fratello (i primi tre figli, quelli che hanno vissuto il tempo peggiore della famiglia) si nascondevano in terrazza, impauriti dalle frequenti e violente liti tra marito e moglie. Proprio così, non solo un padre violento, ma anche un marito violento. Dov’erano gli altri tre figli venuti dopo, che dopo la tempesta si son trovati a vivere nella quiete grazie ai sacrifici fatti dai primi tre fratelli?

I sacrifici richiesti solo ai primi tre figli, perchè?

La sorella maggiore

La primogènita, in quanto femmina, era più stimata perchè dedita solo ai lavori di casa e allo studio, anche se appena diplomata il patriarca le ha trovato subito un lavoro come cassiera al supermercato perchè portasse soldi a casa anche lei.

Naturalmente non doveva avere amicizie né tantomeno fidanzati, tanto che quando il padrone ha scoperto che invece aveva un fidanzato con cui si frequentava di nascosto, una buona razione di “legnate” l’ha riservata anche a lei, poverina.

Il fratello, terzogenito

Lui e il fratello invece, in quanto maschietti, dovevano contribuire economicamente alla crescita della famiglia, anche se non l’avevano voluta loro, ma soprattutto non l’avevano mai sentita come la propria famiglia, né da piccoli né tantomeno da grandi.

Mentre lui, fin dalle elementari, ogni anno puntualmente andava a lavorare da giugno a ottobre, durante le vacanze scolastiche, portando soldi a casa che servivano anche a mantenere i figli più piccoli, il fratello, di due anni più piccolo, è stato più sfortunato di lui perchè, non appena ha avuto la disgrazia di essere stato bocciato in quarta elementare, è stato ritirato dalla scuola (chissà perché si chiamava d’obbligo) e spedito, senza se e senza ma, all’attività lavorativa continua, per portare a casa anche lui uno stipendio.

In compenso però, il fratello non ha più preso botte da quando ha iniziato a portare lo stipendio a casa. Al contrario questo ragazzino, che ogni anno veniva sempre promosso a giugno, pur studiando senza libri e senza materiale scolastico (seguiva la stessa scuola della sorella e doveva accontentarsi dei libri e degli “avanzi” passati da lei), continuava a prendere sempre la sua razione giornaliera di botte per qualsiasi fesseria raccontata da quella santa donna di sua “madre”, vera o inventata che era.

Per lui c’erano solo botte e minacce

Marito e moglie avrebbero preferito, e lo speravano con tutto l’odio che provavano nei suoi confronti, che questo figlio venisse bocciato, in modo che potesse seguire la stessa condizione di suo fratello: sostenitore economico della famiglia a tempo pieno.

“Se vieni rimandato a settembre in qualche materia te ne vai a lavorare come tuo fratello” questa era la frase che ogni giorno gli gridavano con rabbia e disprezzo invece che essere felici che a scuola andava bene. Eppure, lo stesso giorno che la scuola chiudeva per le vacanze estive, il ragazzino iniziava a lavorare dove il “padrone” comandava.

I suoi lavori

Già da piccolo, appena terminata la quarta elementare, ha iniziato a lavorare in una barberia, insaponava la barba ai clienti salendo su uno sgabello che avvicinava alla poltrona, perchè era davvero piccolino. L’anno dopo ha lavorato in un mulino, dove spazzava con la scopa da mattina a sera. Già guadagnava di più che in barberia. L’anno dopo, invece, fine primo anno delle medie, gli hanno trovato lavoro in un bar-pasticceria, qui faceva l’aiuto pasticcere e anche il cameriere ai tavoli quando occorreva. Dall’anno successivo e fino al diploma di ragioniere, invece, ha lavorato al pastificio dove lavorava, da decenni, come autista quell’uomo che lui chiamava papà.

Pensate, la paghetta ricevuta dal barbiere ogni settimana era di 500 lire (Il cinema costava 150 lire, per rendere l’idea del valore dei soldi di allora) eppure la madre aveva il coraggio di prendersi anche quei pochi spiccioli, che santa donna! Mai un grazie, mai una carezza, mai un abbraccio. Il figlio amava andare al cinema la domenica pomeriggio per vedere i film di Ercole e Maciste, ma i soldi li chiedeva sempre ai nonni paterni, che lo amavano come un figlio.

Dal secondo anno delle medie, ogni anno, quando si chiudeva la scuola, questo ragazzino lo aspettavano lì, sul posto di lavoro, al pastificio, sia i proprietari che gli altri lavoratori, perchè gli volevano tutti un bene dell’anima. Uno dei titolari lo voleva bene come un figlio, quando lo rivedeva ogni anno, il primo giorno che tornava a lavorare lo abbracciava, come un vero padre. Gli unici abbracci che non ricorda, perchè non ci sono mai stati, sono quelli dei genitori. Mai un grazie, neanche quando si intascavano ogni mese tutto lo stipendio guadagnato con sudore dal figlio. E non si parlava più di 500 lire ma di 500mila lire al mese fino ad arrivare a 900mila lire al mese degli ultimi anni di ragioneria.

I migliori anni della sua giovinezza buttati al vento

Così ha trascorso la sua giovinezza, tra scuola e lavoro. Non è che quando le scuole erano aperte se la passasse meglio dell’estate? Assolutamente no.

Grazie alle entrate economiche dei due fratelli infatti, il padre-padrone aveva comprato un sito confinante con la casa dove abitavano.

C’era un parente che faceva il muratore ed era stato incaricato di costruirci sopra la casa, che poi sarebbe diventata l’allargamento di quella esistente, e i due fratelli erano gli unici manovali a sua disposizione.

Tutti e due i fratelli hanno sputato sangue, nel vero senso della parola, per la costruzione di quella casa. Ogni traccia dell’impianto elettrico, insieme a quelle dell’impianto idraulico, di quella casa, l’hanno scavata loro due da soli, con mazzetta e scalpello.

Possono davvero dire che ogni polvere di quella casa l’hanno respirata loro due. Ogni blocchetto che è stato posato in quella casa è passato dalle loro spalle. Ogni cardarella di cemento utilizzato in quella casa è stato impastato da loro due, a mano con la pala.

Non avevano mai un momento libero per loro, suo padre spesso portava a casa delle cassette di frutta che qualche cliente gli regalava, ebbene li divideva in buste da un chilo ciascuna e mandava i due fratellini con le buste attaccate sulla bicicletta a vendere quella frutta per le vie del quartiere, come ambulanti. Si vergognavano da morire, ma dovevano tornare a casa solo dopo che avevano venduto tutto e consegnare i soldi alla madre. Hanno venduto di tutto in giro per le vie del quartiere: frutta, lumache, verdura, patate, persino i pacchi di pasta che gli regalavano al pastificio dove lavorava.

Sempre grazie alle entrate derivanti dal lavoro dei due fratelli, dopo la casa, quel padrone ha comprato anche un terreno agricolo, con l’intenzione di costruirci un giorno anche una casa. Anche lì però c’erano intanto dei lavori da fare, come il muro di confine e la recinzione con tanto di pilastri per l’ingresso. E chi ha dovuto fare questi lavori nei fine settimana? I due fratelli, sotto la direzione di un parente che faceva il mastro carpentiere. Forse il Patriarca pensava che sarebbero rimasti sempre in famiglia a lavorare per lui e per la SUA famiglia? E invece no!

Qualcosa di nuovo era nell’aria

Il fratello più piccolo ad un certo punto decide di frequentare la scuola serale per conseguire almeno il diploma di scuola media inferiore ed è qui che conosce la ragazza che poi diventerà sua moglie. Conosce anche la famiglia di questa ragazza e allora capisce che la famiglia modello, dove regna amore tra genitori e figli, non è certo quella dove aveva vissuto fino ad allora.

Prima il fratello

Col passare dei mesi, questo ragazzo matura anche l’idea di crearsi una famiglia per conto suo, ma quando ne fa accenno al padre-padrone riceve un netto rifiuto. La risposta di quell’uomo fu che era presto per sposarsi, doveva ancora continuare a lavorare per portare a casa i soldi necessari per approntare il matrimonio. Fu invece grazie all’aiuto e alla comprensione della famiglia della sua fidanzata che il fratello decide di sposarsi ugualmente, ma quando lo comunica ai suoi genitori viene cacciato di casa e non vanno neppure al suo matrimonio. Passeranno anni senza parlarsi prima che il rapporto venga riallacciato, ma è chiaro che non sarà mai un rapporto sincero e onesto.

E poi arriva anche a lui qualcosa che cambierà la sua vita: il servizio militare

Nell’estate del 1977 arriva il diploma di ragioniere per il secondogenito, lo stesso giorno dell’esame sua “madre” gli comunica che suo padre lo ha sistemato come operaio in un mangimificio dove lo stipendio è migliore rispetto a quello del pastificio dell’anno prima. Naturalmente parlava di stipendio da consegnare sempre a loro e guai a contraddirli, nonostante i suoi 19 anni.

Sapeva però che nel giro di qualche mese gli sarebbe arrivata la chiamata per il servizio militare e quindi va a lavorare come operaio e porta a casa un bellissimo stipendio ogni mese, per la gioia di quei due padroni. Si perchè ora anche sua “madre” andava d’amore e d’accordo con suo marito visto che con due stipendi portati dai due fratelli non avevano più problemi, avevano una casa grande, un terreno, e due figli del cuore, il quarto e il quinto, a cui regalare le loro attenzioni amorose. Il quartogenito, che studiava fuori sede per infermiere, a Reggio Calabria, e che non ha mai fatto un solo giorno di lavoro per la famiglia, e la quintagenita che studiava per maestra.

Anche questa figlia andrà successivamente a studiare fuori sede, a Palermo, e anch’essa non porterà mai una lira in casa, anzi vivrà in casa dei genitori fino all’età di 45 anni, non facendosi mancare nulla: fidanzati importanti, viaggi all’estero, vacanze con le amiche, vestiti di lusso perchè doveva apparire visto che si fidanzava con avvocati e dottori. Insomma quando si dice darsi alla bella vita coi soldi dei genitori.

Il Servizio di Leva

Ma torniamo al fratello maggiore. Prima che arrivasse la chiamata per il servizio militare è passato quasi un anno. E’ stato un anno duro e difficile perchè il lavoro nel mangimificio non era facile e soprattutto l’ambiente era troppo polveroso. Respirava di tutto quel ragazzo: dalla soia alla vinacciola, dall’erba medica al mais, additivi di ogni genere.

Certo si guadagnava bene, anche perchè si lavorava più di dodici ore al giorno, peccato che questo ragazzo era sempre senza soldi in tasca e a quasi vent’anni doveva chiedere a sua “madre” di acquistargli una maglietta o un pantalone nuovi sapendo già che la risposta era negativa.

A luglio del ’78 è finalmente arrivata la famosa cartolina e così è partito per il servizio di leva, destinazione Sardegna. Dopo circa 40 giorni di addestramento (C.A.R.) c’è stato il giuramento. C’erano con lui tantissimi siciliani e tutti avevano i genitori presenti a quell’evento unico. Lui era l’unico su 400 reclute a non avere un parente presente.

Sua “madre” gli aveva detto che non se la sentiva di affrontare il viaggio e suo padre non poteva lasciare il lavoro perchè ora che mancava lo stipendio dei due fratelli avevano difficoltà economiche (facevano sempre le vittime, la realtà era che il denaro per quei due fratelli era sprecato, secondo loro, preferivano spenderlo per altri).

Seconda destinazione Gaeta, in provincia di Latina. Anche qui notava come ogni fine settimana arrivavano molti genitori a trovare i propri figli, ma lui non ha mai visto nessuno. Se non telefonava lui a casa neanche si facevano sentire. Lo avevano messo in ufficio e qui vedeva tutti i vaglia che arrivavano per i suoi commilitoni dai genitori di ogni parte d’Italia, lui non ha mai ricevuto una lira.

Quando telefonava a sua “madre”, questa gli diceva sempre le stesse cose: “ti devi abituare a mangiare tutto in caserma anche se non è buono” e poi gli ricordava che suo marito gli stava cercando un altro lavoro migliore rispetto a quello del mangimificio, per quando avrebbe finito il servizio militare. Il figlio ha telefonato sempre meno quando ha iniziato a capire che solo lui aveva dei genitori così meschini.

Il cambiamento

Ha iniziato a capire tante cose nell’Esercito, ha avuto superiori che lo hanno voluto bene come un figlio e il giorno del suo congedo il Comandante della Caserma gli ha fatto il regalo più grande che potesse mai ricevere: la promozione al grado di Sergente (visto che era Caporal Maggiore già) con la possibilità di chiedere il reintegro in servizio come Sottufficiale.

Gli fece promettere anche che ci avrebbe pensato alla carriera militare, nel caso non avesse trovato un lavoro dignitoso in Sicilia, sembrava che conoscesse tutta la sua situazione familiare.

Il ritorno a casa

Il 18 luglio del 1979 rientra in Sicilia. Sua “madre” gli aveva già anticipato a telefono che lo aspettavano al pastificio per essere assunto come autista di un furgone per distribuire pasta nella provincia. Lo stipendio era ancora più alto rispetto a quello del mangimificio, ecco perchè questo cambiamento.

Ad ogni modo non era più lo stesso di prima, sua “madre” glielo ripeteva sempre: “il militare ti ha fatto male a te”. Tutto perchè iniziava a chiedere parte del suo stipendio per le sue esigenze, perchè voleva una vita con gli amici anche lui. Gli scontri verbali con sua “madre” erano all’ordine del giorno ormai. Un giorno però succede l’irreparabile, discuteva con sua “madre” perchè voleva un pantalone nuovo e lei continuava a dirgli di no, che doveva aspettare. Suo “padre” era presente nella stanza, zitto senza fiatare, ad un certo punto, quando il figlio si è girato per andar via, gli ha tirato una sedia sulla schiena. Il figlio l’ha guardato dritto negli occhi, aveva paura di dirgli qualcosa, ma in cuor suo lo aveva già mandato a quel paese, perchè aveva già deciso di abbandonare quella casa, quel paese e quella famiglia. E’ andato via di corsa.

E’ rientrato la sera tardi, non ha visto nessuno, è andato a letto e la mattina seguente è andato a lavoro, aveva delle consegne da fare nella città di Siracusa. Qui, ha deciso di passare dal Distretto Militare ed ha presentato domanda per essere richiamato in servizio come sottufficiale. Gli è bastato firmare la domanda e al maresciallo che l’ha compilata ha chiesto solo di fare in fretta.

Non ha detto niente a nessuno in casa. Lo vedevano solo quando tornava dal lavoro e poi riusciva subito e tornava la sera per dormire. Non mangiava più a tavola con loro. Sapeva che la sua rivincita non avrebbe tardato molto. L’unica persona a conoscere del suo arruolamento era uno dei titolari del pastificio a cui aveva dato la disdetta dal lavoro. Gli voleva bene come un padre. Un giorno gli ha chiesto di fargli da autista, lui era anziano e non se la sentiva di guidare per tanta strada, doveva accompagnarlo nella sua città, Campobello di Mazara, nel trapanese, e sarebbero tornati il giorno dopo.

Era anziano ma intelligente e sapiente, aveva capito tutto. Durante il viaggio, infatti, gli ha detto: “Io lo so perché ti sei arruolato. Tuo padre non sa cosa perde, sai quanta gente vorrebbe un figlio così intelligente, educato e lavoratore come te? Tuo padre invece non si rende conto della fortuna che ha avuto, ma un giorno lo capirà e spero che tu lo possa perdonare, quel giorno!”

Bravissima persona. Dopo qualche settimana è arrivata la chiamata nell’Esercito e questo titolare gli ha voluto liquidare quanto dovuto di persona. Poi però ha preso dei soldi extra e gli ha detto: “Questi non li dare a tuo padre, tienili per te che ti servono per arrivare fino a quando prenderai il primo stipendio. Te li sei meritati tutti.”

Quando è arrivato a casa ha detto a sua “madre”che la mattina seguente sarebbe partito per Peschiera del Garda, che si era arruolato nell’Esercito. Lei si è messa a ridere, lo prendeva in giro. Non lo credeva capace di nulla. Allora le ha dato l’ultima busta paga con i soldi dentro. Come sempre li ha contati tutti davanti a lui, era l’unica cosa che sapesse fare. Poi gli ha detto spaventata: “Ora appena glielo dico a tuo padre si arrabbia”. Non le ha neanche risposto è andato via perchè aveva da salutare gli amici.

Con suo “padre” non si sono neanche visti, quando è tornato la sera il padre già dormiva e la mattina era già al lavoro. Ha salutato sua “madre” con un ciao, tanto non ha memoria di un suo abbraccio in tutta la sua vita e la stessa cosa può dire di suo padre.

La sua vera vita poteva finalmente iniziare

Era il 19 novembre 1980 quando partiva per Peschiera del Garda, direzione vita autonoma finalmente. Da quel giorno non ha più telefonato a casa, ma sua “madre” dopo un mese gli ha telefonato in caserma e con tono gentile e affabile gli ha chiesto se aveva preso lo stipendio e come mai non le avesse mandato nulla. Quando le ha detto che ormai doveva pensare alla sua vita sua madre ha chiuso il telefono e per tre anni non ha più cercato il figlio.

Il riassunto degli ultimi anni

Sono successe tantissime altre cose in questa famiglia, non basterebbe un libro per raccontarle tutte, quindi riassumo brevemente. Quando qualche anno dopo, il figlio ha comunicato a sua madre che si sarebbe sposato e si è sentito rispondere che loro non potevano andare al suo matrimonio, ha perfino pensato di non essere figlio legittimo di quei due “estranei”. Ma chi non andrebbe al matrimonio del proprio figlio? Loro, perché lo avevano già fatto con l’altro fratello, compagno di sventure.

Poi ha saputo però che una zia, aveva fatto la ramanzina a suo “padre” facendogli capire che era una cosa bruttissima lasciar sposare un figlio senza la presenza dei genitori e così alla fine hanno deciso di andare al matrimonio del figlio. Si sono fatti accompagnare in macchina dal genero, il marito della primogenita, che si è accollato tutte le spese del viaggio.

Quando sono arrivati in Abruzzo, la città della sposa, la madre ha incontrato suo figlio e la prima cosa che gli ha detto è stata che avevano trattenuto il denaro dei regali che i parenti gli avevano fatto per comprare i vestiti per venire al matrimonio e per le spese di viaggio. Il figlio ci è passato sopra, le ha risposto che non gli interessava e li ha accompagnati in una seconda casa dei suoi suoceri per farli sistemare per riposarsi del viaggio che il matrimonio sarebbe stato la mattina seguente.

Con suo “padre” c’era stato solo un ciao, ma quando è arrivato in questa casa ha cominciato a fare delle battutine spiritose perchè la sistemazione non era di suo gradimento, forse si aspettava una reggia, d’altronde per una persona di alto rango come lui… Comunque il figlio ha faticato, ma si è trattenuto dal rispondere alle sue provocazioni.

La mattina seguente sono andati al matrimonio e subito dopo aver pranzato al ristorante sono scappati via, dopo il solito ciao. Nulla hanno portato ma molto hanno preso dal figlio, come sempre.

A giugno dell’83 al figlio nasceva sua figlia, loro lo sapevano ma nessuno della famiglia si è presentato per conoscere la nipote, tanto che il figlio non l’ha voluta chiamare con il nome di sua “madre” come da usanza siciliana, perchè dei nonni che non partono per conoscere il loro nipote non meritano né usanze né rispetto.

Quando l’hanno saputo per cinque anni non lo hanno cercato né rivolto la parola. Ha avuto un altro figlio nel ’85, tutto uguale, e così anche nel ’98 con la sua terza figlia. Nel 2008 ha divorziato e lasciato l’Esercito, in pensione, quindi ha deciso di tornare in Sicilia.

Anche se sua “madre” non era d’accordo, alla fine ha acconsentito di ospitarlo, tanto le camere vuote in quella casa non mancavano, e il figlio comunque non aveva bisogno dei loro soldi, le aveva detto che era giusto il tempo di trovarsi una sistemazione autonoma.

I suoi erano pensionati entrambi e in casa avevano ancora la figlia quintagenita, di 42 anni, che faceva la bella vita di mantenuta. Non è passato molto tempo comunque per capire che non era gradito in quella casa, lo trattavano come un estraneo, c’era solo una figlia in quella casa per loro e anche a lei sembrava che il fratello le avesse tolto un po di spazio.

Suo “padre” poi era sempre taciturno, infastidito. Una sera dopo cena, la loro preziosa figlia ha fatto una delle sue battute da principessa di casa, lodava i suoi genitori per quello che avevano fatto per i figli che alla fine si erano dimostrati ingrati, e loro annuivano, contenti. Il fratello non ha resistito più a sentire certe idiozie, si è alzato e, guardando suo “padre” in faccia, gli ha detto tutto quello che avrebbe voluto dirgli da una vita: “mi fai schifo come padre, mi fai schifo come persona, mi fai schifo come marito, mi fai schifo come nonno, ma che razza di uomo sei? Non sei andato al matrimonio di tuo figlio, al mio sei venuto ma ti sei tenuto i soldi dei miei regali, non sei andato neanche al funerale di tua sorella a Bologna, hai sempre parlato male dei tuoi genitori perchè davano tutto al figlio più piccolo ma tu hai fatto molto peggio di loro, ti sei fatto una famiglia numerosa ma te l’abbiamo mantenuta io e mio fratello con le nostre fatiche e le nostre rinunce, ma non ti fai un pò schifo?”

Lui ascoltava con lo sguardo basso ma non ha detto neanche una parola. Sua moglie invece ha cominciato a gridare contro il figlio che se ne doveva andare di casa, che stava male, che stava chiamando i suoi figli per farlo buttare fuori di casa. Il figlio le ha detto che non serviva e che se ne stava andando da quella casa per sempre. E’ salito al piano di sopra nella camera dove dormiva, non l’ha mai sentita come la sua camera, ha preso le sue poche cose ed è andato via da quella casa per sempre.

Da allora non ha mai più visto quelli che solo all’anagrafe risultano essere i suoi genitori, perché lui i genitori non li ha mai avuti. Oggi ha saputo che a febbraio del 2023 suo padre è morto in un letto di ospedale, dopo che il suo prezioso figlio infermiere lo aveva portato in un ospizio qualche mese prima. Al suo funerale c’erano solo l’infermiere e la maestra, gli unici figli che hanno rispettato sempre.

A dicembre del 2023 è morta anche sua madre, dopo qualche mese di ospizio, anche a lei regalato dai figlioli del cuore. Anche al suo funerale c’erano soltanto i suoi due figli. Pace all’anima loro, il Signore li ha fatti vivere fino all’età di 89 anni, forse nella speranza che si fossero redenti ma invano, ahimé. Hanno avuto degli abili consiglieri al loro fianco. Quello che hanno seminato alla fine lo hanno raccolto.

The End

Ogni riferimento a persone o cose è frutto della fantasia dell’autore. Tuttavia, se qualcuno dovesse riconoscersi nella storia vuol dire che di fantasia l’autore ne ha usata poca!